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Quando un'amicizia ti cambia la vita

Roberto "inseguito" da un gruppo di bambini

Un'amicizia ti cambia la vita

Da Venezia a Ilha de Moçambique per gestire un ristorante: il lungo viaggio di Roberto alla ricerca di una nuova vita. Tutta "colpa" di due amici speciali conosciuti tra i banchi di scuola…

Ci sono amicizie che, letteralmente, ti cambiano la vita. Che, quasi senza rendertene conto, ti proiettano da Carpenedo, ad una manciata di chilometri da Venezia, a Ilha de Moçambique, l’antica capitale del Mozambico. Un gioiello incastonato nell’oceano Indiano, dal 1991 patrimonio mondiale dell’umanità. Qui, dal 2005, vive e lavora Roberto Voltolina. Gestisce il Flor de Rosa, piccolo ma frequentatissimo ristorante con tanto di terrazza vista oceano, che dà lavoro a cinque persone. Il suo viaggio è partito da lontano, dai banchi dell’Itis Pacinotti di Mestre. “Era il 1997 – racconta - e al corso serale per periti meccanici mi ritrovai fianco a fianco con un compagno particolare. Si chiamava Jacinto, veniva dal Mozambico ed era in Italia grazie ad una borsa di studio. Per me, che da sempre avevo la passione per l’Africa, fu l’inizio di una bellissima amicizia. Ma mai mi sarei immaginato di andare a vivere a meno di sessanta chilometri da casa sua”. Jacinto Vahocha all’epoca era in Italia grazie al sostegno del Cesvitem. Con lui c’era anche Adolfo Saquina, che studiava da perito elettronico. Le loro borse di studio rientravano nel più ampio progetto di rafforzamento dell’EIC, la Escola Industrial de Carapira, uno dei più rinomati istituti tecnici del nord del Mozambico. Nel 2000, dopo il diploma, sarebbero tornati nel loro paese come insegnanti dell’EIC. Oltre a ciò, forti dell’esperienza vissuta fianco a fianco con gli operatori del Cesvitem, decisero con alcuni amici di fondare una ong: nacque così Watana, che ancor oggi è uno dei partner più affidabili della nostra associazione nel Sud del mondo. L’incontro con Jacinto e Adolfo ha rappresentato, per Roberto, una vera e propria svolta. E quando, come pochi mesi fa, ritorna in Italia per far visita alla sua famiglia, un salto alla sede del Cesvitem è d’obbligo.

“A distanza di anni - racconta - ricordo ancora la loro dedizione allo studio. Trattandosi di una scuola serale la motivazione media degli studenti era sicuramente alta. Ma nel loro caso c’era qualcosa in più. Certo, la diversità di lingua e di cultura li costringeva ad un surplus di lavoro, come d’altronde il livello di preparazione non troppo alto con cui avevano cominciato la scuola in Italia. La cosa che mi colpiva era la luce nei loro occhi quando parlavano del loro paese: erano in Italia per la loro gente, erano coscienti di avere un’occasione assolutamente da non perdere”. Il primo viaggio di Roberto in Mozambico risale al 2001, un anno dopo il ritorno a casa di Jacinto e Adolfo. Poi, nel 2005, la decisione di trasferirsi definitivamente. “Gli inizi non sono stati semplicissimi. All’epoca gli investimenti occidentali, nel nord del Mozambico, erano davvero molto scarsi. In più non volevo vivere in città, cercavo un posto più “vero”. A Ilha c’ero già stato nei precedenti viaggi, ma quando ci sono tornato ho capito che era il posto che cercavo: l’isola ha un’atmosfera davvero magica e, con i suoi 15mila abitanti, ha la giusta dimensione. C’è un ambiente quasi famigliare, bene o male ci si conosce tutti”.

Oggi, a distanza di meno di dieci anni, le cose sono profondamente cambiate. “Il ramo in cui lavoro, il turismo, può essere davvero una risorsa importante. La stessa Ilha è ormai stabilmente inserita nei tour turistici e il numero di visitatori, rispetto a qualche anno fa, è cresciuto in modo notevole. Il problema è che, con l’aumento dei flussi turistici, aumentano anche gli appetiti degli investitori stranieri, che rischiano di schiacciare le attività locali. Giusto davanti al mio locale c’è il vecchio ospedale dell’isola, uno splendido edifico in stile coloniale. È stato acquistato da una grossa catena di hotel, che con un investimento di 2 milioni di euro lo trasformerà in un albergo e ristorante di lusso. Tutto il contrario del turismo a basso impatto che serve per preservare la particolarità di Ilha”.

E con Adolfo e Jacinto vi vedete ancora? “Ogni tanto una rimpatriata riusciamo a organizzarla. La cosa più bella è vedere come la nostra amicizia si è evoluta. Quando li ho conosciuti erano in un certo senso “ospiti” nel mio paese. Quando sono arrivato in Mozambico i ruoli si sono ribaltati. Ora ci sentiamo sullo stesso piano. Un po’ italiani e un po’ mozambicani, tutti e tre”.

La versione completa dell’intervista a Roberto sarà pubblicata sul prossimo numero del Girotondo.

Notizia del 23/07/2013


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