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Solar Water, una geniale utopia

Paolo Franceschetti con un modulo Solwa

Solar Water, una geniale utopia

Paolo Franceschetti, ricercatore dell'Unversità di Venezia, ha sperimentato in collaborazione con il Cesvitem Perù un rivoluzionario sistema di depurazione, indicato dall'Onu come uno dei migliori progetti per lo sviluppo dell'umanità

Ricavare acqua potabile dall’acqua salata del mare. O da acqua inquinata. Con un sistema semplice, ecocompatibile e dai costi irrisori. Più che un sogno sembrerebbe un’utopia. Un’utopia che però sta diventando realtà, grazie all’intuito e all’ingegno di un giovane ricercatore dell’Università di Venezia esperto di energie rinnovabili. Che un giorno, facendo bollire l’acqua della pasta, si è reso conto di come la condensa che si ferma sul coperchio sia acqua depurata e potabile, perché il sale resta sul fondo. Un vero colpo di genio. È nata così la “solar water”, l’acqua solare.

Il papà dell’acqua solare si chiama Paolo Franceschetti, e nelle scorse settimane è stato ospite del Cesvitem Perù a Trujillo, dove ha sperimentato sul campo la sua intuizione. Un’idea davvero rivoluzionaria, al punto che  l’Onu l’ha inserita tra i dieci migliori progetti per lo sviluppo dell’umanità e per il progresso del mondo. Il concetto, d’altronde, è davvero semplice: il Solwa (sigla che sta appunto per “solar water”) altro non è che una sorta di serra all’interno della quale l’acqua salata o inquinata viene fatta evaporare, liberata dagli agenti contaminanti e quindi nuovamente condensata, purissima e potabile. In pratica una riproduzione “forzata” del ciclo naturale dell’acqua, che, sfruttando esclusivamente l’energia solare, ha un impatto ambientale pari a zero. Semplice come far bollire l’acqua per la pasta. Anzi, di più. “Con il modulo Solwa - spiega Paolo - per attivare il processo bastano 60 gradi, e non 100, grazie ad una serie di accorgimenti che impediscono qualsiasi forma di dispersione e ottimizzano l’assorbimento energetico da parte dell’acqua da trattare. Se poi nella serra immettiamo aria secca, l’evaporazione diviene ancora più rapida”. La grande innovazione sta proprio qui, nell’evaporazione accelerata.

I vantaggi sono evidenti, a partire dalla semplicità di tutto il sistema. “Il Solwa è caratterizzato da una estrema facilità di gestione. È completamente autonomo, in quanto utilizza solo energia solare e non ha bisogno di essere collegato a fonti di alimentazione esterne: se c’è luce, può stare in ogni parte del mondo, in mezzo a un deserto piuttosto che in villaggi isolati. Inoltre, una volta montato e messo in funzione non ha bisogno di una manutenzione particolare”. E qui scatta il secondo vantaggio, ovvero l’economicità. “Abbiamo calcolato una spesa massima di 150 euro a metro quadro, ma vi sono grossi margini per abbattere il costo: il modulo può essere realizzato utilizzando esclusivamente materiali di recupero e un piccolo pannello fotovoltaico”.

Le periferie di Trujillo rappresentano per molti versi un luogo ideale per testare l’efficacia del Solwa, soprattutto nella zona di Moche, in riva all’oceano, dove le fonti d’acqua disponibili soffrono il doppio problema dell’inquinamento da metalli pesanti e delle infiltrazioni salmastre. Visti gli esiti positivi dei test, è stata messa in cantiere la realizzazione di venti moduli, da distribuire ad altrettanti clubes de madres. Maggiori particolari nel prossimo numero del Girotondo.

Notizia del 22/03/2011


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