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La storia del mese: il coraggio di donna Graça

Foto Tommaso Saccarola

La storia del mese: il coraggio di donna Graça

Dal Mozambico, uno dei paesi al mondo più colpiti dalla tragedia dell'Aids, il racconto della prima donna che ha avuto il coraggio di dichiarare pubblicamente la propria sieropositività. Di Marianna Sassano

Ci vuole coraggio a dire “Io sono sieropositiva”. Ci vuole coraggio a farlo in un paese in cui i guaritori tradizionali - più o meno onesti ma comunque molto accreditati nel sentire comune - espongono fuori dalle loro porte cartelli che dichiarano “Si cura tutto, eccetto l’Aids”. Ci vuole coraggio a rompere un atteggiamento di paura. Addirittura, di negazione dell’esistenza stessa della malattia, nonostante l’evidenza dei dati che ne registrano una diffusione del 12,5% nella popolazione tra i 15 e i 49 anni.

Questa è la storia di Dona Graça. La incontriamo nel quartiere di Hulene “A”, nella baraccopoli di Maputo, Mozambico. Sorride nei suoi 50 kg di figura snella, i capelli lisci e la fascia nera in testa. Indossa una giacca di sartoria e le infradito, e dà subito l’impressione di essere una donna speciale, diversa: parla in inglese, e il suo sguardo è alto e frizzante; non ha l’aria sottomessa di alcune donne di qui.

Graça vendeva il pesce al mercato di Hulene, ed era coperta di piaghe: nessuno le comprava la merce, perché la credevano infestata dagli stessi spiriti che le segnavano il volto. Per quei segni, Graça veniva fatta scendere dagli chapa, i minibus. Ma poi, un giorno del 2000, Graça si stanca della discriminazione. Sente il muro dell’ipocrisia addosso, e decide di andare - in piena solitudine - nelle redazioni di giornali, radio, televisioni, per dichiarare apertamente “io sono sieropositiva”. Riceve discriminazioni anche lì, qualcuno non la vuole pubblicare; ma fortunatamente qualcun altro accoglie le sue parole e la sua storia inizia a circolare.

E, all’inizio con molte difficoltà e ulteriori discriminazioni, produce i suoi frutti. Si dice addirittura che, prima che Graça parlasse, i muri della città non conoscessero i simboli della lotta all’Aids: simboli che oggi sono ovunque, nella baraccopoli di Maputo. Dona Graça è la prima donna mozambicana sieropositiva ad aver avuto il coraggio di dichiarare pubblicamente la sua condizione. In un clima di omertà, in cui l’Aids era tabù, ha rotto quel silenzio che la stava uccidendo quanto la malattia.

Grazie ai farmaci antiretrovirali oggi Graça Neves sta meglio, e ha deciso di proseguire il suo cammino di impegno: è diventata consigliera attivista di Medici Senza Frontiere e ha fondato Khindlimuka (che significa portatori di Aids), la prima associazione a Maputo di autosostegno morale e psicologico tra malati. Graça è un punto di riferimento per la gente del quartiere, viene continuamente chiamata per qualsiasi bisogno. “Dando coraggio agli altri trovo il coraggio di affrontare la malattia. Le persone, appena scoprono di essere malate, pensano che sia la fine del mondo; poi parlano con me e scoprono che possono vivere molto tempo”.

“Ma tu, Graça, come stai?”. “Guardami! Io voglio vivere ancora 10, 20, 30 anni!”.

Notizia del 23/12/2010


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