Progetto Centro Esperança

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Il contesto

Nonostante disti in linea d’aria meno di tre chilometri dal centro della città, il bairro di Maxaquene C, nel distretto di KaMaxaqueni, è un tipico quartiere delle periferie di Maputo: vicoli stretti in terra battuta, case costruite con materiali precari, assenza pressoché totale di servizi di base quali acqua, fognature, elettricità. Gli oltre 20 mila abitanti (19.561 secondo l’ultimo censimento, realizzato però nel 2007) sopravvivono grazie al cosiddetto “biscato”, l’economia informale che si traduce essenzialmente nell’esercizio dell’arte di arrangiarsi tramite occupazioni provvisorie e mal pagate.

A questa realtà dominata da un forte disagio socio-economico si aggiunge il dramma dell’Aids. Nonostante i progressi degli ultimi anni, il Mozambico è uno dei paesi maggiormente colpiti da questa pandemia. Secondo i dati dell’Unaids, l’agenzia della Nazioni Unite per la lotta all’HIV-Aids, è sieropositivo il 10,8% della popolazione adulta. Nel paese di registrano 1,5 milioni di casi, di cui 830 mila donne e 160 mila bambini sotto i 14 anni. Ogni anno di contano in media 45 mila decessi, che incrementano il fenomeno degli “orfani da Aids”: sono oltre 610 mila i bambini che hanno perso uno o entrambi i genitori a causa di questa malattia.

A Maxaquene, dal 2004, il Cesvitem promuove il progetto di sostegno a distanza Esperança (“speranza” in portoghese). L’iniziativa è nata originariamente dalla collaborazione con Medici Senza Frontiere, che all’epoca garantiva consulenze e cure specialistiche a persone sieropositive tramite un Centro di consulenza e test volontari. Attorno a queste attività strettamente sanitarie è sorta anno dopo anno un’ampia rete di iniziative, che grazie al lavoro di varie organizzazioni fornisce un supporto sociale, legale e alimentare alle vittime dell’Aids e alle loro famiglie. In questo contesto si colloca anche il Progetto Esperança, che ad oggi ha beneficiato oltre 900 minori.

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