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Katherine, la bambina che guarda le stelle

Katherine mostra con orgoglio il suo diploma

Katharine, la bambina che guardava le stelle

Beneficiaria del progetto di sostegno a distanza Becas, il 31 gennaio si è laureata in fisica all'Universidad Nacional de Trujillo. Nelle sue parole tutta la forza di volontà e l'ostinazione che l'hanno portata a questo traguardo.

La strada dalle polverose periferie di Trujillo ad una laurea in fisica è davvero lunga. Per riuscire a percorrerla tutta occorre avere dentro una forza speciale. Non una forza che nasce da un giorno all’altro, ma qualcosa di innato che ti porti dentro da sempre. Una forza, un’ostinazione che sicuramente non mancano a Katharine, la beneficiaria del progetto di sostegno a distanza Becas che lo scorso 31 gennaio ha raggiunto il traguardo della laurea all’Universidad Nacional de Trujillo.

Ultima di sette fratelli (e prima laureata della famiglia), fin da piccola Katharine ha lottato con i denti per emergere. “Sono passati tanti anni - ci racconta dal Perù - ma il ricordo del mio primo contatto con il Cesvitem è ancora vivo in me. Era il 1997, non avevo ancora compiuto sei anni. Al Sagrada Familia, il club de madres che frequentavo, arrivarono alcuni operatori per fare le foto ai bambini che sarebbero state poi inserite nelle schede da proporre ai sostenitori italiani. Io ero troppo piccola per entrare nel progetto e quindi mi dissero che la foto me l’avrebbero fatta l’anno successivo. Allora corsi a casa, mi misi il mio vestito più bello che mia mamma aveva cucito apposta per me, e ritornai al club. Andai da una operatrice e le dissi con fermezza che anch’io volevo la mia foto. A quel punto non ebbe cuore di mandarmi via e mi scattò la mia prima foto per Pininos. Nel progetto sarei entrata l’anno successivo, ma intanto avevo ottenuto quello che volevo”.

Un’ostinazione che, negli anni successivi, Katharine avrebbe riversato interamente nello studio. “Mi è sempre piaciuto studiare, fin da piccola. Quando imparai a leggere, giravo le case di tutti i nostri vicini per farmi prestare libri da leggere. Leggevo in continuazione, un libro dopo l’altro, ricostruendo nella mia testa i luoghi e gli eventi raccontati dagli autori. La cosa curiosa è che la mia madrina Anna, che in tutti questi anni mi ha sostenuto dall’Italia, fa la bibliotecaria. E nelle sue lettere mi raccontava sempre dei libri che leggeva, o dei bambini che frequentavano la biblioteca dove lavorava. Forse non è un caso se le nostre strade si sono incrociate. E forse la mia passione per la lettura è in parte anche merito suo”.

Ma perchè proprio fisica, una materia così complessa e ai più di difficile comprensione? “Fin da bambina sono stata molto curiosa. Volevo capire come funzionavano le cose, capire il perché dei fenomeni naturali che avvenivano intorno a me. Di sera passavo intere sere seduta davanti alla porta di casa a guardare le stelle, domandandomi chi le avesse messe lì, quanto lontane fossero, se erano immobili o si muovevano. Non sapevo ancora cosa fosse la fisica, ma è stato in quelle sere trascorse a scrutare il cielo che è nato dentro me il desiderio di studiare questa disciplina. La fisica è bellissima: è come imparare una nuova lingua dove numeri ed equazioni sostituiscono parole e frasi, una lingua che ti permette di parlare con l’intero universo. Ancor oggi, studiando, resto a bocca aperta nel vedere quanti fenomeni, visibili e invisibili, avvengono attorno a noi senza che ce ne rendiamo conto. È una sorpresa continua”. 

Sono ormai passati tanti anni, ma la bambina che si incantava a guardare il cielo è ancora viva dentro di Katharine. “Il mio sogno è di specializzarmi in astrofisica e intraprendere la carriera di ricercatrice, un lavoro che mi permetta di continuare a saziare la mia curiosità sui meccanismi che regolano l’universo. E a proposito di sogni, l’altro grande desiderio che ho è quello di incontrare un giorno la mia madrina Anna. Di abbracciarla e di dirle, semplicemente, grazie. Sono sogni, lo so. Ma i sogni non hanno catene, giusto?”.

L’intervista integrale a Katherine sarà pubblicata nel prossimo numero della nostra rivista il Girotondo.

Notizia del 04/03/2014


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