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La nostra meglio gioventù: Alima, un medico per le donee

La nostra meglio gioventù: Alima, un medico per le donne

Alima, 24 anni, studia medicina a Maputo grazie al progetto Ntwanano e al sostegno di una famiglia italiana. Sogna la specializzazione in ginecologia, per aiutare le donne musulmane ad aver cura della loro salute.

La realizzazione di qualsiasi sogno porta in sè una dose di ostacoli e difficoltà. Ma nulla è impossibile, anche per un semplice essere umano. È questo il pensiero che da sempre guida la mia vita, che mi aiuta ad andare avanti. Il mio nome è Alima Fábula, ho 24 anni e sono iscritta al terzo anno della facoltà di Medicina dell’Università Eduardo Mondlane di Maputo. Sono mozambicana di fede musulmana. Provengo da una famiglia povera, come quasi tutte le famiglie mozambicane. Non ho mai conosciuto mio padre, che ci ha abbandonati quando ancora ero molto piccola. Vivo con mia madre, il mio patrigno e due fratelli più piccoli.

Siamo poveri noi, è povero il nostro popolo, è povero il nostro paese. In queste condizioni studiare è molto difficile, soprattutto per chi desidera iscriversi all’università. Eppure io ho voluto provarci. Già quando ancora frequentavo le scuole secondarie mi sentivo particolarmente fortunata. Non è da tutte le ragazze arrivare così avanti negli studi. Gravidanze precoci, induzione alla prostituzione, lavoro minorile, violenze domestiche: tutti motivi per cui tante bambine e ragazze abbandonano prematuramente gli studi, spesso addirittura prima della conclusione della scuola primaria: un fatto che non fa che aumentare i livelli di povertà del Mozambico. Io penso che tutto dipenda dalle donne. Il riscatto del nostro paese sarà possibile solo se a noi donne sarà data la possibilità di aumentare il nostro sapere e dimostrare le nostre capacità.

Per tutto questo, frequentare l’università è stato sempre per me un’idea fissa. Volevo continuare a studiare, nonostante fossi perfettamente consapevole di tutte le difficoltà che avrei incontrato. In un certo senso la scelta di medicina mi è stata indicata dal destino. La mia prima opzione, infatti, era architettura. Ma un ritardo nella presentazione dei documenti necessari per l’iscrizione mi ha fatto cambiare strada. Sono convinta che non si sia trattato di un errore, ma di un’indicazione di Allah. La laurea in medicina mi darà sicuramente l’opportunità di rendermi utile per la mia gente. Non a caso vorrei specializzarmi in ginecologia o in ostetricia. In Mozambico sono pochissime le donne medico specializzate in questo ambito. E questo rappresenta un grande ostacolo per il miglioramento della salute della popolazione femminile. Tante donne, per vergogna o per impostazione culturale, rifiutano di farsi visitare da uomini, soprattutto tra coloro che professano la fede musulmana. Per questo voglio specializzarmi in questo campo, per dare a tante donne come me la possibilità di essere visitate e, se necessario, curate.

Ma questa è solo una metà del mio sogno. L’altra metà è poter, un giorno, incontrare i miei padrini italiani. Abbracciarli forte e ringraziarli per tutto quello che stanno facendo per me. Perché se oggi sono qui, a raccontarvi la mia vita da studentessa, il merito è tutto loro. All’iscrizione al primo anno, con un grande sforzo, era riuscita a provvedere la mia famiglia, in parte con dei piccoli risparmi, in parte chiedendo dei prestiti ad amici e conoscenti. Ben presto però mi sono resa conto che la buona volontà e l’impegno non sarebbero bastate. La vita universitaria non è semplice. C’è molta pressione e molto da studiare. Il carico di lavoro è notevole e bisogna essere forti, anche a livello mentale. Io, invece, ero piena di preoccupazioni. La mia famiglia doveva restituire i prestiti ricevuti per l’iscrizione e nessuna delle porte a cui avevo bussato in cerca di aiuto accennava a schiudersi. Stavo pensando di mollare tutto, ma qualcosa dentro di me mi ha detto di tenere duro. Quando ho saputo che una famiglia italiana stava cercando, attraverso il Cesvitem e il progetto Ntwanano, una ragazza musulmana per sostenerla all’università, ho capito che quella voce aveva ragione.

Da quel momento tutto è cambiato, a partire dalla mia testa. Mi sento più libera, non ho più preoccupazioni e posso concentrarmi solo sugli esami e sul mio futuro. Leggera, ecco come mi sento. E felice. Perché ancora una volta la vita mi ha dimostrato che chi ha forza e coraggio non deve mai perdere la speranza.

Notizia del 24/08/2011


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