Progetto Pozzi Watana

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Progetto Pozzi Watana: contesto

Il contesto

In Mozambico la mancanza di acqua potabile provoca ogni giorno la morte di almeno 55 bambini, contribuendo in modo decisivo ad uno dei tassi di mortalità infantile più alti del mondo: ogni 1000 bambini nati vivi, 168 muoiono prima di aver compiuto i cinque anni. Tutte le malattie più pericolose sono imputabili all’utilizzo di fonti d’acqua inquinate e, in generale, ad un bassissimo livello d’igiene. La diarrea, ad esempio, è la causa del 13% dei decessi infantili, mentre sono ancora frequenti, soprattutto nelle aree periferiche delle maggiori città, le epidemie di colera.

Queste statistiche testimoniano come quella dell’approvvigionamento idrico sia una delle maggiori sfide che il governo mozambicano deve affrontare sulla strada dello sviluppo. Rispetto agli Obiettivi del Millennio, che puntano a dimezzare entro il 2015, rispetto ai livelli del 2000, il numero delle persone che soffrono la sete, il Mozambico è una delle nazioni più arretrate del mondo. Eppure il paese è attraversato da importanti fiumi, come il Maputo, il Limpopo, il Sabi e lo Zambesi, le cui sorgenti si trovano però nei paesi confinanti, cosicché la loro portata nel tratto mozambicano è fortemente ridotta per la presenza a monte di sbarramenti, impianti di prelievo e, soprattutto, dighe. L’estensione del delta dello Zambesi, ad esempio, si è ridotta della metà dopo la costruzione delle dighe di Kariba (tra Zambia e Zimbabwe) e Cahora Bassa (in Mozambico, ma utilizzata per la produzione di energia elettrica da esportare in Sudafrica), due degli sbarramenti artificiali più grandi del mondo.

Anche per questi motivi, ancor oggi meno della metà della popolazione, pari al 47% del totale, ha accesso a fonti di acqua potabile, con una notevole disparità tra aree urbane e rurali. Se infatti in città il 77% della popolazione ha accesso a fonti sicure, in campagna questo dato crolla al 29%. Nelle zone rurali, in particolare, nel corso degli ultimi anni i miglioramenti sono stati impercettibili, visto che nel 1990 accedeva all’acqua potabile il 26% della popolazione. È stato calcolato che solo il 35% delle famiglie sono in grado di raggiungere una fonte sicura in meno di 15 minuti, mentre il 25% deve dedicare più di un’ora al giorno per andare e tornare a piedi fino al pozzo più vicino. Questa situazione ha pesanti ricadute sulla vita dei bambini, a cui spesso è affidato il compito di provvedere al rifornimento d’acqua della famiglia: in particolare le bambine, a causa di queste e altre incombenze domestiche, sono spesso costrette ad abbandonare prematuramente gli studi.

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