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Mozambico, tra distruzioni e speranze

Mozambico, tra distruzioni e speranze

A un mese dal disastro la situazione è ancora drammatica, ma un barlume di speranza si inizia a scorgere

È passato un mese da quando il ciclone IDAI, nella notte tra il 14 e il 15 marzo scorso, ha messo in ginocchio lo Stato del Mozambico nell’Africa Meridionale, sconvolgendo il 90% del territorio e causando un numero ancora imprecisato di vittime.
Le notizie inviateci in quei giorni dai testimoni diretti, come Fabrizio Graglia, direttore della locale Associazione Esmabama e nostro partner a Beira, uno dei centri più colpiti dal ciclone, descrivevano una situazione drammatica, sia dal punto di vista umanitario a causa della mancanza dei generi di prima necessità, soprattutto dell’acqua potabile, sia da quello ambientale con la distruzione delle strutture abitative e delle vie di comunicazione.
A tutt’oggi la situazione non è migliorata di molto, come testimonia il dottor Omar Yessef, medico spagnolo, esperto di emergenza, che ha visitato i tre centri sanitari nelle missioni di Esmabama. I dati che in questo momento sono maggiormente allarmanti riguardano il diffondersi della malaria, causata dalla grande quantità dell’acqua stagnante delle alluvioni, luogo favorevole alla proliferazione delle zanzare: la malattia nella località di Estaquinha ha colpito il 51% delle persone, ma la situazione non è meno grave a Barada con il 42%. Restano le difficoltà nella comunicazione e nelle vie di accesso che rendono ancora molto problematica la consegna degli aiuti umanitari, la cui urgenza si fa sempre più impellente, specialmente nel caso degli antimalarici.
Anche l’ufficio di Beira continua a lavorare con grandi difficoltà: poiché l’elettricità non è ancora stata ripristinata in gran parte della città, si è reso necessario comprare un generatore per sopperire almeno in parte alle urgenze più impellenti, come ad esempio quella della diffusione delle notizie sulla gravità della situazione.
Sempre ad Estaquinha, presso il Centro di Salute il flusso di pazienti è aumentato drasticamente, passando dai 200 giornalieri dell’anno scorso ai 400 del dopo disastro, numero destinato ad aumentare in quanto i centri sanitari limitrofi come Chissinguana, Bândua e Marombe sono senza medicine e attrezzature mediche e chirurgiche.
Per fortuna in queste ultime ore qualcosa sta cambiando. A pochi chilometri dalla Missione di Mangunde, i due villaggi di Mudala I e Mudala II sono stati raggiunti dalle prime squadre di soccorso, mentre nella stessa zona le Nazioni Unite hanno realizzato un campo profughi. È stato distribuito anche del cibo grazie all’arrivo di tre camion provenienti da Maputo.
La speranza, seppur lentamente, sta dunque tornando tra la popolazione: sta ora al nostro senso di solidarietà, ma soprattutto di “giustizia” far sì che il sorriso torni ad illuminare il volto dei bambini mozambicani, il futuro di quel Paese.

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Intestato a Cesvitem Onlus
Causale: Emergenza Mozambico.
Grazie a chi ci aiuterà!

Notizia del 13/04/2019


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