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13 anni e incinta, la realtà che supera il reality

Foto di Gates Foundation da flickr.com

13 anni e incinta, la realtà che supera il reality

In Mozambico il 10% delle adolescenti partorisce prima di aver compiuto 15 anni, il 42% prima dei 18. Un fenomeno che, generazione dopo generazione, pregiudica il futuro di un intero popolo.

Altro che “16 anni e incinta”. Se gli autori del celebre reality sulle gravidanze precoci trasmesso da Mtv volessero esportare il format in Africa dovrebbero rivedere molte cose. A partire dal titolo. In Mozambico il 10% delle adolescenti partorisce addirittura prima di aver compiuto 15 anni, il 42% prima dei 18. Un fenomeno che tocca da vicino anche i nostri progetti Sad: ogni anno più di qualche nostro sostenitore ha la sorpresa di ritrovarsi “nonno a distanza”, ricevendo la foto di quella che spesso è poco più che una bambina con in braccio un neonato. Il suo neonato.

“Sono numeri choc - commenta da Maputo Anathalie Musabyemariya, coordinatrice del Progetto Ntwanano -. Ma, sulla base della mia esperienza sul campo, non posso che confermarli. Noemia, Anastacia, Amelia: anche tra le beneficiarie di Ntwanano non mancano gli esempi di ragazzine divenute mamme prima dei 15 anni. Alcune si sono ritrovate incinta quasi senza accorgersene dopo il primo rapporto sessuale della loro vita, con un compagno di scuola o un vicino di casa”. “È un dramma, un’emergenza sociale - afferma Figueiredo Newala, rappresentante del Cesvitem in Mozambico - che segna per sempre il percorso di vita di tante ragazze. Partorire a 15-16 anni significa condannarsi ad un futuro di povertà”.

Il fenomeno è talmente vasto che è impossibile individuare un’unica causa. Ci sono motivazioni economiche (“Molte ragazzine si prostituiscono - conferma Figueiredo - per contribuire alla sussistenza della loro famiglia. Oppure vengono praticamente vendute come spose a uomini più vecchi”). Lacune a livello di educazione sessuale. Spinte culturali, dai modelli negativi che passano attraverso le tv (“Per cui - spiega Anathalie - una ragazzina che a 15 anni non ha una relazione o addirittura dei rapporti sessuali è considerata anormale dalle proprie amiche”) a quelli più tradizionali:. “Qui - spiega da Monapo, area rurale nel nord del paese, Adolfo Saquina, responsabile progetti dell’ong Watana , hanno una forte influenza i riti tradizionali di iniziazione, che a 13-14 anni sanciscono il passaggio dei ragazzi all’età adulta. Dopo questi riti una ragazza si sente grande e in grado di badare ad una famiglia, quando invece è a sua volta poco più che una bambina”.

Se le cause sono molteplici, le conseguenze sono fin troppo facili da individuare, a partire dall’abbandono scolastico. “Le baby mamme - afferma Anathalie - il più delle volte smettono di studiare, perché non hanno nessuno che possa prendersi cura del loro bambino mentre sono a lezione. Se il padre è a sua volta un adolescente, anche la sua vita è sconvolta. Capita che i genitori della ragazza la caccino di casa e che l’unica soluzione sia andare ad abitare con la famiglia del padre, che anche lui è spesso un adolescente e che a sua volta deve cominciare a lavorare per mantenere madre e figlio”. Nelle aree rurali l’altro grande problema è la salute materna. “In un adolescente - spiega Adolfo - la gravidanza presenta molteplici fattori di rischio. E non potendo contare su un’assistenza sanitaria adeguata, il pericolo di complicazioni è sempre dietro l’angolo”.

Intervenire è fondamentale, ma non è sempre facile. “Siamo impegnati in una continua opera di sensibilizzazione - spiega Anathalie -. Parliamo ai ragazzi dell’importanza di concludere gli studi, della pianificazione familiare, di una vita sessuale consapevole. Ma fuori dai centri Ntwanano si scontrano con una mentalità completamente diversa. E alcuni finiscono per prendere la strada sbagliata”. “Il punto di partenza – sostiene Figueiredo - è una buona educazione sessuale. Ritardare l’età dei primi rapporti ed educare a pratiche sicure è fondamentale. Ma non basta. Il problema è economico, è culturale. E come tale va affrontato. Il contributo che portiamo come Cesvitem è l’investimento sull’istruzione. È questa la strada maestra: le storie delle ragazze dei nostri progetti che, proprio grazie allo studio, si sono fatte strada nella vita, sono la conferma migliore”.

Notizia del 21/03/2014


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