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Campo profughi Ciad

Ciad: uno dei campi per i profughi del Darfour

Grande tensione in Ciad, ma nessun problema a Fianga

Giornate di grandissima tensione in Ciad. Nello scorso fine settimana la capitale N’djamena è stata teatro di pesanti combattimenti tra i ribelli, entrati in città sabato mattina per deporre con la forza il presidente Idriss Deby, e le forze governative fedeli al capo di Stato. Nessun problema per ora nella missione della diocesi di Treviso a Fianga, nel sud ovest del Paese, dove il Cesvitem è presente attraverso il progetto di sostegno a distanza Badawe. “Da domenica – spiegano dal Centro Missionario Diocesano di Treviso – non abbiamo contatti, a causa dell’interruzione delle linee telefoniche. Sabato avevamo comunque raggiunto via sms i nostri sacerdoti, che ci avevano rassicurato sulla situazione: a Fianga è tutto tranquillo, gli scontri sono concentrati esclusivamente nell’area di N’djamena”.

La situazione è precipitata dopo che a dicembre le tre principali formazioni ribelli hanno deciso di riunire le forze per destituire Deby, dichiarando nullo l’accordo di pace firmato il 25 ottobre a Sirte (Libia) a causa del non rispetto dei patti da parte del governo. La scorsa settimana una colonna composta da circa 2.000 miliziani a bordo di 300 veicoli ha attraversato velocemente tutto il Paese da est a ovest, entrando in capitale sabato 2 febbraio. Secondo quanto riferito dall’agenzia Misna, domenica sera l’arrivo dei rinforzi governativi a messo in fuga i ribelli, che si sono comunque accampati alle porte della città dicendosi pronti all’attacco finale. Sconosciuto per ora il bilancio degli scontri, anche se si parla già di centinaia di vittime. La popolazione sta scappando in massa nel timore della ripresa degli scontri, dirigendosi verso il vicino Camerun o verso la foresta, mentre sono iniziati i ponti aerei per far evacuare gli occidentali presenti in città. Nel frattempo, riporta sempre la Misna, durante la notte e stamani all’alba le forze di sicurezza hanno arrestato tutti i principali esponenti della cosiddetta “opposizione democratica”, ovvero i movimenti politici e sociali che si oppongono al presidente Deby rifiutando la lotta armata.

Alle origini della crisi c’è la forte opposizione interna al presidente-padrone Idriss Deby. Salito al potere nel 1990 con un colpo di stato ai danni del dittatore Habré, Deby è stato eletto presidente nel 1996 nelle prime elezioni multipartitiche. Confermato alla guida del paese nel 2001, ha però deluso chi confidava in una transizione pienamente democratica, promuovendo una modifica della costituzione e ottenendo così, tra molte polemiche, un terzo mandato presidenziale nel 2006. La tensione è poi acuita dai difficili rapporti con il confinante Sudan e dalla presenza nel Paese di oltre 240 mila profughi provenienti dal Darfur, concentrati nelle regioni orientali. Ed è proprio l’imminente arrivo di 3.700 uomini della forza di pace europea Eufor, incaricati di garantire la sicurezza dei profughi sudanesi, ad aver accelerato secondo alcuni osservatori la nuova crisi, spingendo i ribelli all’attacco nel timore che la presenza della forza multinazionale possa rafforzare la posizione di Deby.

Notizia del 04/02/2008


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